Ritrovarsi a Tokyo

Valutazione
Consigliabile, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Amore-Sentimenti, Donna, Educazione, Famiglia - genitori figli, Matrimonio - coppia, Rapporto tra culture
Genere
Drammatico
Regia
Guillaume Senez
Durata
98'
Anno di uscita
2025
Nazionalità
Belgio, Francia
Titolo Originale
Une part manquante
Distribuzione
Teodora Film
Soggetto e Sceneggiatura
Guillaume Senez, Jean Denizot
Fotografia
Elin Kirschfink, AFC, SBC
Musiche
Olivier Marguerit
Montaggio
Julie Brenta
Produzione
Jacques-Henri Bronckart, David Thion, Les Films Pelléas e Versus Production

Interpreti e ruoli

Romain Duris (Jérôme “Jay” Da Costa), Judith Chemla (Jessica), Mei Cirne-Masuki (Lily), Tsuyu (Michiko), Yumi Narita (Madre di Lily), Shungicu Uchida (Nonna di Lily), Patrick Descamps (Padre di Jay), Shinnosuke Abe (Yu)

Soggetto

Tokyo, oggi. Jay è un cuoco francese che vive da molti anni in Giappone. Tassista per necessità gira per le affollate vie di Tokyo tutto il giorno nella speranza che la sorte gli conceda di incontrare la figlia Lily, frutto del suo, ormai naufragato, matrimonio con Keiko. La legge nipponica non prevede l’affido congiunto: Jay non la vede da quando aveva tre anni e dovrà aspettare che la ragazza ne compia 18 e possa così scegliere se conoscere o meno il padre. Quando ha ormai perso le speranze e sta per tornare in Francia, la fortuna sembra finalmente volgersi dalla sua parte.

Valutazione Pastorale

Guillaume Senez dirige e scrive con Jean Denizot “Ritrovarsi a Tokyo”, un dramma sulla paternità e una denuncia, rispettosa e garbata quanto si vuole, ma precisa, sulla rigida legge giapponese che non prevede l’affidamento congiunto. Il primo dei due genitori che si “prende” il figlio potrà tenerlo con sé in esclusiva fino al compimento del suo 18° anno. Poi sarà il figlio stesso a decidere se vedere o meno l’altro genitore.
Tokyo, oggi. Jay (uno straordinario Romain Duris, un’interpretazione intensa, tutta giocata in sottrazione, fatta di sguardi e lunghi silenzi) è un cuoco francese che vive da molti anni in Giappone. Tassista per necessità gira per le affollate vie di Tokyo tutto il giorno nella speranza che la sorte gli conceda di incontrare la figlia Lily (Mei Cirne-Masuki), frutto del suo, ormai naufragato, matrimonio con Keiko (Yumi Narita). Jay non la vede da quando aveva tre anni (ora ne ha 12) e dovrà aspettare che la ragazza ne compia 18 perché possa scegliere se conoscerlo o farne definitivamente a meno. Quando ha ormai perso le speranze e sta per tornare in Francia, la fortuna sembra finalmente volgersi dalla sua parte. Joy rintraccia Lily e, accompagnandola ogni giorno in taxi, riuscirà a poco a poco a entrare nella sua vita fino a rivelarsi. Lily pensava che il padre fosse tornato in Francia abbandonandola. Insieme si concedono una giornata al mare, ma a seguito della denuncia di Keiko, l’uomo viene arrestato e, dopo un paio di settimane in carcere, patteggia e viene estradato in Francia. Prima però Lily è riuscita a dargli il proprio numero di telefono.
“La scelta del Giappone – sottolinea il regista Senez – ci ha permesso di raccontare la storia di uno straniero che si confronta con un Paese più ricco, con una cultura, una lingua e una religione diversi. Come spettatori siamo abituati a vedere storie di persone che arrivano in Europa da tutto il mondo; quindi, era interessante capovolgere il punto di vista. In Giappone poi, il rapporto delle persone con le proprie emozioni è diverso dal nostro, molto più contenuto, mentre è tipicamente francese il fatto di esprimersi senza filtri”.
Un’idea originale e coraggiosa, per un film delicato, essenziale nella scrittura, magistralmente diretto e non privo di inaspettati tocchi di ironia, che esplora, senza fronzoli né retorica, il dramma di un padre, il suo coraggio, la sua battaglia contro un meccanismo più grande di lui, in un contesto che lo fa sentire “diverso”. Joy parla perfettamente giapponese e vive come un giapponese (lo si evidenzia in molti piccoli particolari e nella lunga sequenza in cui va a lavarsi nei bagni pubblici, abitudine nipponica raccontata da Wim Wenders nel suo bellissimo “Perfect Days”), ma è comunque uno straniero, un “gaijin”. Il titolo originale del film, “Une part manquante”, sottolinea meglio il senso di questa ostinazione, di questa ricerca che sfiora l’ossessione: ritrovare la parte mancante di sé. Film consigliabile, problematico-poetico, adatto per dibattiti.

Utilizzazione

Per la programmazione ordinaria.

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