Tom Cruise brilla in “Mission: Impossible”. Action con l’anima sui rischi dell’IA
mercoledì 21 Maggio 2025
Un articolo di:
Sergio Perugini
Piacerebbe anche a papa Leone XIV. È “Mission: Impossible. The Final Reckoning”, l’ultimo capitolo (sarà davvero così?) della saga d’azione prodotta e interpretata da Tom Cruise, granitico divo della New Hollywood che nella stagione della sua maturità professionale continua a guadagnare diffusi consensi tra critica e pubblico. Dopo il riuscito “Top Gun: Maverick”, Cruise mette un punto anche sulla saga dell’agente segreto Ethan Hunt, chiamato a fronteggiare una crisi mondiale scatenata dall’Intelligenza Artificiale fuori controllo. Un mondo quasi al capolinea, dove l’Entità digitale – la sua componente primordiale è chiamata “anti-Dio” – ha guadagnato autonomia e pensa di poter fare a meno dell’uomo. Un allarme che ritroviamo anche nelle parole del neo-pontefice Leone XIV. “L’intelligenza artificiale – ha indicato il Papa – col suo potenziale immenso (…) richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti” (12.05.25). Targato Paramount Pictures e Skydance, “Mission: Impossible. The Final Reckoning” arriva nelle sale dal 22 maggio con Eagle Pictures dopo l’anteprima internazionale al 78° Festival di Cannes. Un grande film d’azione, ma con un’anima: oltre ad adrenalina e dinamica serrata, c’è una chiara densità tematica. Alla regia Christopher McQuarrie e al fianco di Tom Cruise troviamo Hayley Atwell, Ving Rhames, Simon Pegg, Esai Morales, Pom Klementieff e Angela Bassett.
Tom Cruise and Christopher McQuarrie on the set of Mission: Impossible – The Final Reckoning.
Dove eravamo rimasti?
Londra, oggi. L’agente segreto dell’IMF Ethan Hunt e il suo team sono sulle tracce dello spregiudicato terrorista Gabriel, che cerca di governare l’Entità digitale, ormai del tutto autonoma. Il potente sistema di intelligenza artificiale sta prendendo il controllo degli armamenti nucleari delle principali potenze mondiali; tra i sistemi ancora non violati c’è quello degli Stati Uniti, pertanto, la presidente Erica Sloane chiede all’agente Hunt aiuto. Il primo obiettivo dell’operazione è recuperare il codice sorgente dell’Entità da una camera blindata nel sottomarino sovietico Sevastopol, che giace sul fondo mare di Bering…
Oltre all’azione, riflessioni di senso su umanità, tecnologia e pace
Anzitutto è un grande film d’azione, uno spy-thriller dove Hollywood dà il meglio di sé in termini di messa in scena, riprese in esterne mozzafiato, tra acrobazie aeree e claustrofobiche scene sottomarine. “Mission: Impossible. The Final Reckoning” non possiede solo una confezione formale altamente seducente, ma è anche un film profondamente solido per copione e dinamica di racconto a firma del regista-sceneggiatore Christopher McQuarrie, già a capo degli ultimi titoli della saga. Se a questo si aggiunge poi il fattore Tom Cruise, che domina la scena dalla prima all’ultima inquadratura, non risparmiandosi mai tra sequenze d’azione, lampi di ironia e momenti di grande pathos, il film dimostra di possedere tutti gli elementi per funzionare come titolo di acuto intrattenimento. Ma c’è molto di più.
Tom Cruise plays Ethan Hunt, Hayley Atwell plays Grace and Simon Pegg plays Benji Dunn in Mission: Impossible – The Final Reckoning from Paramount Pictures and Skydance.
“Mission: Impossible. The Final Reckoning” ha una dimensione tematica di stringente attualità e risonanza. Riflette, infatti, su rischi e opportunità dell’Intelligenza Artificiale, abitando anche i timori diffusi nel nostro presente. Delinea un mondo che si è legato quasi indissolubilmente alla tecnologia digitale, al punto che una potente forma di IA si libera dai vincoli di controllo imposti dall’uomo, diventando così una pericolosa minaccia; un’Entità che pensa di polverizzare la maggior parte della popolazione mondiale e di sopravviverle in un blindatissimo caveau a prova di crisi atomica.
Nel film emerge netto anche un simbolismo “religioso”: l’Entità è formata da una componente chiamata “l’anti-Dio”; la chiave che accede alla camera blindata del Sevastopol è a forma di croce; e il caveau dove medita di ritirarsi l’Entità è noto come “il caveau dell’Apocalisse”. Tutti termini che rimandano a un simbolismo biblico, ma “capovolto”. Nel raccontare le derive dell’umanità, preda di una tecnologia aggressiva e ribelle, l’opera è come se ci ricordasse che laddove non c’è Dio – appunto l’anti-Dio dell’Entità – non ci può essere posto, futuro, neanche per la vita dell’uomo.
Tom Cruise plays Ethan Hunt and Simon Pegg plays Benji Dunn in Mission: Impossible – The Final Reckoning from Paramount Pictures and Skydance.
Ancora, nei suoi volteggi finali il film compone un vibrante messaggio di distensione, un invito rivolto ai potenti del mondo perché (ri)costruiscano un nuovo equilibrio geopolitico fondato su pace e dialogo. Un domani dove l’habitus della tecnologia non sia mai disumanizzato, mai lontano dal controllo umano. Un’esortazione rivolta non solo a chi siede a capo di governi e istituzioni, ma anche all’umanità tutta nel proprio quotidiano. “Le nostre vite – viene ripetuto nel film – sono il risultato delle scelte che facciamo”. Una riflessione che tocca da vicino anche lo stesso Ethan Hunt, che compie lungo le sue imprese un percorso di riappacificazione interiore, liberandosi dei fantasmi del passato e riconciliandosi con le scelte compiute, seppur dolorose.
Infine, rimanendo sul piano strettamente filmico, Cruise costruisce un capitolo conclusivo per la sua saga trentennale (il primo film è datato 1996) attento a trovare rimandi negli otto titoli, con flashback ricorrenti densi di emozione – il ricordo nostalgico della prima squadra, il sodalizio familiare con Luther e Benji, il rimpianto per non aver potuto salvare la moglie Julia, ecc. – e ritorni di personaggi inaspettati, come l’informatico William Donloe (Rolf Saxon), conosciuto nella violazione del computer della CIA a Langley nel primo episodio.
“Mission: Impossible. The Final Reckoning” è un’opera che non delude ma conquista non solo gli appassionati della saga e del genere spy-thriller, ma anche chi cerca una forma di evasione acuta e con suggestioni di senso. Consigliabile, problematico, per dibattiti.