80 anni de “La porta del cielo” di De Sica-Zavattini. Un set acceso dalla luce della speranza

mercoledì 20 Agosto 2025
Un articolo di: Sergio Perugini

Una ricorrenza importante, festeggiata prima con un restauro e ora con l’uscita in dvd. Sono gli 80 anni del film “La porta del cielo”, opera del 1945 diretta da Vittorio De Sica e con Cesare Zavattini tra gli autori del copione. Coevo del più noto “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, considerato il manifesto del neorealismo italiano, “La porta del cielo” ha vissuto un percorso purtroppo infelice, sottotraccia, lontano dalle sale e senza uscite in home-video. Nel 2022 finalmente un restauro e nell’estate 2025 l’atteso dvd (Mustang Entertainment). Il progetto è stato voluto da mons. Dario E. Viganò, responsabile di due importante istituzioni impegnate nel ridare luce, futuro, alle immagini della cinematografia passata: la Fondazione Mac – Memorie Audiovisive del Cattolicesimo e il Centro di ricerca CAST dell’Università Telematica Internazionale Uninettuno. Al progetto hanno preso parte anche la Cineteca Nazionale – Centro Sperimentale di Cinematografia, la casa di produzione bergamasca Officina della Comunicazione e l’Azione Cattolica italiana.

In pellegrinaggio a Loreto
La storia del film. Nei vagoni di un “treno bianco” in partenza da Roma alla volta di Loreto, si stipa un’umanità fragile e tragica, segnata da malattie incurabili. Malati e accompagnatori si stanno recando al Santuario per chiedere una grazia: la guarigione. Nel corso del viaggio si snodano le storie di questi cercatori di speranza… Nel cast María Mercader, Massimo Girotti e Marina Berti.

Molto più di un set cinematografico
Una pagina di storia del cinema, ma anche di impegno civile. “La porta del cielo” (1945) di Vittorio De Sica, scritto insieme a Cesare Zavattini, è un’opera considerata per molto tempo tra i titoli minori dell’autore, che a ben vedere sembra invece anticipare molte delle linee narrative e dello stile visivo del neorealismo, mettendo in campo quel pedinamento del reale teorizzato da Zavattini. Messo in lavorazione durante la ferocia nazifascista nella Capitale, poco dopo l’8 settembre del 1943, il film permise al regista, alla futura moglie, l’attrice María Mercader, e a una numerosa troupe (circa trecento persone), composta da addetti ai lavori ma anche da molte famiglie ebree, di salvarsi. Una lavorazione portata per le lunghe, con la speranza dell’arrivo degli americani, tenendo la troupe stanziale presso la Basilica di San Paolo fuori le mura (cui fece visita anche Mons. Giovanni Battista Montini, che raccomandò a De Sica di essere molto prudente in tempi così incendiari). La produzione era della Orbis film, legata all’Azione Cattolica.
«Quel film mi salvò la vita – ha raccontato il regista nel 1954 – Era il tempo dell’occupazione tedesca di Roma, del cinema italiano non restava più niente, i più si tenevano nascosti, tappati in casa, altri venivano trasferiti al nord, a Venezia o a Praga. Un giorno mi manda a chiamare Mezzasoma, al Ministero a via Veneto. Ci vado piuttosto spaventato, perché so che cosa mi chiederà. E infatti si tratta di andare a dirigere la cinematografia repubblicana a Venezia. Gli dico: “Non posso, sto facendo un film per il Vaticano”».
Un film che racconta uno snodo della storia del Paese, sugli ultimi, spietati, anni della Seconda guerra mondiale, dove si unisce il retroscena salvifico di centinaia di vite umane, soprattutto molte famiglie ebree, con il racconto di un pellegrinaggio catartico, un viaggio in treno in cui un’umanità piegata dalla malattia trova la grazia più nell’incontro solidale con l’altro che nel santuario.

L’intervento della Fondazione Mac
Il restauro de “La porta del cielo” ha assunto grande rilievo, per i motivi sopraindicati e perché le condizioni della pellicola risultavano compromesse, con il rischio deterioramento. Mons. Dario E. Viganò ha messo in piedi una cordata tra realtà pubbliche e private con capofila la Fondazione Mac. Obiettivo era ridare visibilità a un’opera a rischio oblio.
Va ricordato che papa Giovanni XXIII convocò il Concilio ecumenico Vaticano II proprio nella basilica di San Paolo fuori le Mura, nel giorno in cui si celebrava la conversione paolina. “È interessante notare – ha sottolineato Mons. Viganò – come le navate della basilica ostiense furono teatro, quindici anni prima, di quello che possiamo considerare il più significativo atto di apertura della Santa Sede verso l’arte cinematografica fino allora mai espresso, almeno per il suo valore simbolico. Nel maggio del 1944, nei giorni più difficili dell’occupazione di Roma da parte delle forze hitleriane, Pio XII, con la collaborazione dell’allora Sostituto alla Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini, concesse eccezionalmente la basilica di San Paolo come straordinario set cinematografico”.
Il restauro e l’uscita in dvd, rimarca Mons. Viganò, “restituisce visibilità a un film testimone di una stagione drammatica ma anche ricca di speranza per l’Italia, per il cinema. La diretta partecipazione della Santa Sede alla produzione e le condizioni estreme in cui il film fu girato durante l’occupazione di Roma, unite alla sua sostanziale invisibilità dopo l’uscita sugli schermi nell’immediato dopoguerra, hanno contribuito ad ammantare ‘La porta del cielo’ di una giustificata aura di leggenda”.
La mission della Fondazione MAC, nata nel 2023 in risposta all’invito di papa Francesco ad avere custodia della memoria audiovisiva, ha come scopo proprio il recupero, la preservazione e la valorizzazione del patrimonio storico audiovisivo e di quello documentale a esso collegato, relativo al cattolicesimo. “È (…) il tempo – ha indicato papa Francesco – di fermarsi a raccogliere e custodire questo enorme patrimonio audiovisivo per avviare un nuovo grande processo di costruzione di una memoria collettiva. Il Signore vi aiuti a realizzare i vostri importanti obiettivi, consentendo così agli storici del futuro di rileggere la più recente storia del cattolicesimo in tutta la sua complessità” (3 marzo 2023).

“Argento puro”, uno sguardo dietro le quinte
Il progetto del restauro è stato raccontato nel documentario “Argento puro” diretto da Matteo Ceccarelli e prodotto da Officina della Comunicazione, contenuto extra disponibile nel dvd. Il doc è un appassionante viaggio nelle operazioni di recupero della pellicola, del passaggio da analogico a digitale, arricchito da interviste a storici, tecnici ed esperti. “Argento puro” è la cronaca di un salvataggio culturale, raccontata in maniera puntuale, impreziosita anche da una riuscita sfumatura emozionale. Un’operazione di sensibilizzazione storico-culturale a favore della memoria comune.

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