Terzo giorno a Venezia82, e il tema del lavoro che non c’è entra a gamba tesa nel Concorso. Anzitutto il regista sudcoreano Park Chan-wook con “No Other Choice” mette in scena, in chiave tragicomica, la vertigine in cui cade un caporeparto di una cartiera, che rimasto senza lavoro medita di uccidere i suoi rivali nei colloqui di assunzione pur di far riguadagnare lo status socio-economico alla sua famiglia. Ottima la prova del protagonista Lee Byung-hun. La regista francese Valérie Donzelli firma “À pied d’œuvre” (“At Work”), opera in cui pedina l’affanno di un quarantenne che si divide tra lavori saltuari a chiamata e l’amore per la scrittura; una riflessione sullo scivolamento nella povertà di ampie fasce della popolazione nel cuore dell’Europa, tra sogni professionali e un sostentamento sempre più difficile. Infine, una delle voci più interessanti del cinema contemporaneo nel raccontare gli affanni dei lavoratori è il francese Stéphane Brizé, membro della Giuria di Venezia82, che ha ricevuto il prestigioso Premio “Robert Bresson” della Fondazione Ente dello Spettacolo assegnato in collaborazione con la Santa Sede. A consegnarlo Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI.

“No Other Choice” – Concorso Venezia82
Il regista sudcorenano Park Chan-wook (autore per la trilogia sulla vendetta tra cui “Old Boy” del 2003) arriva in gara alla Mostra del Cinema con un titolo di grande impatto: “Eojjeol suga eopda” (“No Other Choice”), che esplora il dramma della perdita del lavoro oggi, tra pesanti tagli alle risorse umane e un sempre maggiore protagonismo di macchine e intelligenza artificiale. Scritto dallo stesso Park Chan-wook insieme a Lee Kyoung-mi, Don McKellar e Jahye Lee, il film è interpretato in maniera incisiva da Lee Byung-hun e Son Yej-in. In uscirà nei cinema italiani a gennaio 2026 con Lucky Red.
La storia. Sudcorea oggi, You Man-su è un caporeparto nel settore della produzione della carta. Dopo l’acquisto degli statunitensi dello stabilimento, si ritrova all’improvviso senza lavoro, tra i dipendenti in esubero. La sua economia e serenità familiare crollano drammaticamente. Non accettando di perdere tutto, in primis per i figli, dopo aver atteso oltre un anno tra domande e colloqui di lavoro andati a vuoto, You Man-su ordisce un piano disperato e perverso: fa un elenco dei possibili competitor nel settore della carta che potrebbero minare la sua possibile riassunzione e prova ad eliminarli uno a uno. Deve rimanere il solo candidato… Park Chan-wook dirige un film di grande impatto, che coniuga commedia e dramma, follia e grottesco. Nel tracciare la parabola di un lavoratore che precipita nella vertigine della povertà, costretto a ipotecare casa, macchina e rivedere pesantemente al ribasso il bilancio familiare. La sua serenità vira nell’incubo. Disperato, fragile, con un passato da ex alcolista, innamorato del suo lavoro nella cartiera, You Man-su arriva a pensare che l’omicidio dei suoi rivali nei colloqui di assunzione possa essere la sola via per ritornare in auge. La via del “riscatto”. Impacciato, insicuro, assalito dai sensi di colpa, si misura con i confini del Male, pronto a valicarli pur di salvare il salvabile. A complicare le cose però l’arrivo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, che fagocitano ulteriormente posti di lavoro, dunque le sue possibilità.Segnato da una lunghezza un po’ eccessiva, “No Other Choice” si rivela un film duro e potente, che attraverso il grottesco, la commedia nera, squaderna suggestioni interessanti e pungenti sul mondo del lavoro oggi, sempre più segnato da competizione, esasperazione e minacce da ogni fronte, tra cui quelle (le più pericolose) tecnologiche. Un film acuto e sfidante, che si prenota un posto nel palmares finale. Complesso, problematico, per dibattiti.

“À pied d’œuvre. At Work” – Concorso, Venezia82
La regista francese Valérie Donzelli (tra i suoi titoli più noti “La guerra è dichiarata”, 2011) partecipa in Concorso a Venezia82 con un titolo di stringente attualità. La caduta in povertà di un quarantenne separato, che prova a inseguire i sogni professionali di gioventù – lavorare come scrittore – ma si scontra con un mercato del lavoro saturo, spietato e selettivo, che lascia ben poco spazio a chi cerca di rimettersi in partita con la vita. Protagonista il dolente Bastien Bouillon. Nel cast anche la stessa Donzelli e Virginie Ledoyen.
La storia. Parigi oggi, un quarantenne ex fotografo è costretto a iscriversi alle piattaforme che trovano lavori online pur di sbarcare il lunario. Sua moglie, ormai ex, e i due figli maggiorenni vivono in Canada. Lui insiste nel voler perseguire il sogno di diventare scrittore, avendo all’attivo già tre romanzi, che però non vendono; accetta lavori semplici, di riparazione domestica o da autista non ufficiale, pur di guadagnare qualcosa. Le chiamate arrivano, ma la paga è da miseria e la competizione sempre più agguerrita… “À pied d’œuvre – sottolinea la regista – è il ritratto di un uomo che si lascia alle spalle una vita agiata per dedicarsi alla scrittura, scivolando infine nella precarietà. Questa scelta radicale e profondamente personale mi ha molto toccata. Volevo rimanere fedele all’onestà del suo percorso, alla sua semplicità e disciplina”. La Donzelli dirige un’opera che da un lato affronta il valore della scrittura, dell’arte, e il bisogno di potersi giocare nella realizzazione delle proprie ambizioni professionali; dall’altro fotografa l’erosione socio-economica di un’ampia fetta della popolazione in Francia, che scivola rapidamente nella povertà, perché i salari sono sempre più bassi e il costo della vita morde il fianco senza tregua. Il protagonista, che Bouillon cesella con convinzione e delicatezza, non si arrende e accetta qualsiasi lavoro, qualsiasi paga, pur di poter sopravvivere e avere tempo di mettersi alla tastiera del computer. Un film acuto, dalla sceneggiatura attenta ma non sempre a fuoco o incisiva, che conquista comunque per il tema in campo e il suo svolgimento onesto, essenziale, senza fronzoli. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

Premio “Robert Bresson” a Stéphane Brizé
Al Lido oggi è anche il giorno del Premio “Robert Bresson” della Fondazione Ente dello Spettacolo (Feds) e della “Rivista del Cinematografo”, conferito in accordo con i Dicasteri della Cultura e della Comunicazione della Santa Sede a un regista che si è distinto per il valore dei suoi film di respiro sociale, culturale e spirituale. Il prestigioso riconoscimento quest’anno va al francese Stéphane Brizé, autore della struggente trilogia sul mondo del lavoro – “La legge del mercato” (2015), “In guerra” (2018) e “Un altro mondo” (2021) –interpretata dal suo attore di riferimento Vincent Lindon. A consegnare il premio, insieme la presidente Feds Mons. Davide Milani, Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI. “È la prima volta – ha dichiarato il Vescovo – che vengo alla Mostra, guardando tutto con occhi nuovi, di un bambino. Ringrazio la Fondazione Ente dello Spettacolo e la ‘Rivista del Cinematografo’ che hanno organizzato questo importante evento. Sono qui perché si ama l’uomo, l’uomo che lavora, che cerca se stesso e vuole cambiare il mondo, e far crescere la propria comunità. L’arte poi è il modo in cui tutto questo diventa bellezza, significato, possibilità di condivisione”. E ancora, ha aggiunto sempre Mons. Baturi: “L’altro elemento che mi ha portato qui è il desiderio di incontrare, perché non esiste l’arte, esistono le persone che producono l’arte. Non esiste la bellezza, ma persone commosse dalla bellezza e che vogliono rappresentarla in qualche modo”. Presenti insieme al premiato Stéphane Brizé, il presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco, il direttore artistico della Mostra Alberto Barbera e l’attrice Alba Rohrwacher. Moderatore il critico Federico Pontiggia.