Quinto giorno di proiezioni all’82a Mostra del Cinema di Venezia. In Concorso il regista francese Olivier Assayas con “Il mago del Cremlino”, intenso e lucido ritratto del cambiamento politico della Russia con l’avvento di Vladimir Putin, dagli anni ’90 al 2019. Punto di osservazione l’immaginario spin doctor dello zar Vadim Baranov. Racconto denso, meticoloso, che aggancia lo spettatore per l’imponente struttura narrativa e per le interpretazioni di Paul Dano e Jude Law. Al Lido arriva anche lo statunitense Jim Jarmusch con “Father Mother Sister Brother”, racconto in tre episodi giocato sulle relazioni familiari, tra verità, omissioni e menzogne. Solcato da sarcasmo e malinconia, l’opera di Jarmusch brilla per il suo stile e le interpretazioni acute di Adam Driver, Cate Blanchett, Tom Waits e Charlotte Rampling.
“Il mago del Cremlino” – Concorso Venezia82
Il regista parigino Olivier Assayas è di casa alla Mostra del Cinema. Tra i suoi ultimi lavori presentati in gara “Il gioco delle coppie” (2018) e “Wasp Network” (2019). Partecipa a Venezia82 con un progetto complesso e ambizioso, “Il mago del Cremlino” (“Le mage du Kremlin”), analisi lucida e impietosa dell’ascesa e reggenza politica di Vladimir Putin in Russia. Un racconto non biografico, bensì secondo il punto di vista del suo fantomatico spin doctor Vadim Baranov. Prendendo le mosse dal romanzo omonimo di Giuliano da Empoli, l’ottimo copione è firmato dallo stesso Assayas con Emmanuel Carrère. Il film uscirà nelle sale con 01 Distribution – Rai Cinema. La storia. Urss 1990, Vadim Baranov è un giovane intellettuale parte del fermento teatrale d’avanguardia. Ambizioso e brillante, abbandona il teatro e si dedica alla produzione televisiva. Il suo talento viene notato e passa preso nelle file della politica, fino all’incontro con l’ex agente del KGB Vladimir Putin, in grande ascesa. Baranov e Putin imprimeranno un cambiamento in Russia, ma anche nell’orizzonte geopolitico internazionale…

“Una riflessione sulla politica moderna – indica il regista –, o meglio, sulla cortina fumogena dietro cui oggi si nasconde: cinica, ingannevole e tossica. I potenti di oggi brandiscono strumenti di manipolazione e distorsione di massa con una precisione un tempo inimmaginabile. In questo senso, ‘Le Mage du Kremlin’ non è tanto un film politico quanto un film sulla politica e sulla perversità dei suoi metodi, che ora ci tengono tutti in ostaggio”. Assayas compone un’opera imponente per lunghezza (150 minuti) e densità narrativa. Un racconto attento e serrato, un thriller politico che scandaglia l’animo dello spin doctor dello zar e al contempo quello della Russia, nella sua trasformazione dal crollo dell’Urss sino al 2019. Vadim Baranov, personaggio di finzione che richiama però figure dell’entourage di Putin, è un giovane uomo affamato di cultura e potere, che cavalca l’onda del cambiamento che si apre con la fine dell’Unione Sovietica. La sua è una corsa verso l’affermazione e il successo che passa attraverso l’acceleratore televisivo e approda infine alla politica. Lì, accanto al determinato e altrettanto ambizioso Vladimir Putin, plasma il nuovo potere e al contempo se ne fa fagocitare, esponendosi a una corruzione personale, morale. Baranov non ha limiti, non si pone limiti, rafforzando l’autorità dello zar, rimanendo però invischiato in gioco più grande. Assayas offre una prova di regia e di racconto di notevole qualità e spessore, componendo non un film prevedibilmente biografico bensì un ritratto del potere, della politica, lucido, asciutto e inquietante. Forte di una scrittura serrata, grintosa, “Il mago del Cremlino” trova forza e incisività anche grazie alle interpretazioni di Paul Dano, Jude Law, Alicia Vikander, Tom Sturridge e Jeffrey Wright. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Father Mother Sister Brother” – Concorso, Venezia82
Un autore dallo stile visivo apprezzato e riconoscibile. Cult. È lo statunitense Jim Jarmusch – suoi “Coffee and Cigarettes” (2003), “Broken Flowers” (2005) e “Paterson” (2016) – che partecipa in gara alla Mostra con un film a episodi, “Father Mother Sister Brother”, scritto dallo stesso autore. Tre quadri familiari che esplorano silenzi, omissioni e bugie (più o meno bianche) tra le pareti di casa, tra genitori e figli. Protagonisti Adam Driver, Tom Waits, Charlotte Rampling, Cate Blanchett e Vicky Krieps. Il film uscirà nelle sale italiane con Lucky Red. La storia. “Father”: Nord-est degli Stati Uniti, il dialogo tra superficialità, denaro e omissioni tra un anziano padre, apparentemente ammaccato, e i suoi due figli quarantenni in carriera. “Mother”: Dublino, un’anziana scrittrice aspetta le sue due figlie trentenni per il consueto tea annuale, un pomeriggio però che va via tra elegante ritualità vuota e incapacità comunicative. “Sister Brother”: a Parigi due gemelli sulla trentina tornano nell’appartamento di famiglia dopo la morte dei genitori…

“Una sorta di anti-film d’azione, il cui stile discreto e pacato è attentamente costruito per consentire l’accumularsi di piccoli dettagli, quasi come fiori disposti con cura in tre delicate composizioni”. Così il regista Jim Jarmusch, che dà il senso di un film che si presenta come una sequenza di polaroid familiari, dove al di là della tenerezza si annidano segreti, silenzi, incapacità di abitare i rapporti con autenticità. I primi due episodi incedono con il passo dell’umorismo puntellato da ironia pungente, in un faccia a faccia tra genitori e figli adulti incapaci di trovare un dialogo sincero, profondo, perdendosi tra imbarazzi, espressioni di cortesia e superficialità diffusa. In tutti manca il coraggio della verità. Le note che potrebbero toccare corde drammatiche virano subito verso il sarcastico secondo la partitura narrativa stabilita dal regista. La terza storia, il confronto tra due gemelli in lutto per la perdita dei genitori, assume invece note più introspettive e malinconiche. È il riavvolgere il nastro dei ricordi, richiamando le dolci stramberie dei genitori ma più in generale il tempo leggero e protetto dell’infanzia che ormai non c’è più. Nell’insieme “Father Mother Sister Brother” è un film che si apprezza per lo stile ricercato dell’autore e le performance attoriali; qua e là alcune belle intuizioni nei dialoghi e nella messa in scena. C’è da dire però che l’opera sconta un’eccessiva attenzione formale a discapito di un approfondimento tematico-narrativo che finisce per latitare. Un film che affascina, ma rischia di non lasciare traccia perché fluttuante in superficie. Consigliabile, problematico-brillante. Per dibattiti.