L’ edizione numero 8 del Festival Internazionale del Film di Roma si è conclusa sabato 16 con la cerimonia di premiazione. Il Presidente della Giuria, il regista americano James Gray, ha nnunciato l’assegnazione del Primo Premio, il Marc’Aurelio d’ oro, al film “Tir”, una coproduzione tra Italia e Croazia diretta dall’italiano Alberto Fasulo. Migliore attore è stato riconosciuto Matthew McConaughey, protagonista di “Dallas buyers Club” di Jean Marc Vallee, migliore attrice Scarlet Johansson per “Her” di Spike Jonze. premio per la migliore regia al giapponese “Seventh Code” diretto da Kiyoshi Kurosawa. Fin qui i premi principali, che hanno nè accontentato nè scontentato. Non poteva in effetti che essere così, perché fino all’ultimo alla domanda chi può vincere? quasi nessuno aveva una risposta chiara e immediata. Il livello medio dei fim in concorso si è allineato lungo una costante mediocrità, con pochi picchi e tante delusioni. Forse la più grossa, l’ultimo titolo, quello di Isabelle Coixet, “Another me”, esempio di pasticcio narrativo e di artificiosità psicologiche. Possiamo ritenere positiva la possibilità comunque offerta di affacciarsi su cinematografie lontane e talvolta fuori dalle normali distribuzioni. Sguardi più o meno profondi lanciati su varie nevrosi contemporanee sono arrivati dai film provenienti da Messico, Iran, Danimarca, Cile. Dell’Italia si è detto: un tema ‘alto’ , difficile da risolvere se non nell’ottica del dibattito, in “I corpi estrane” di Mirko Locatelli ; un generoso tentativo di fare ‘spettacolo” sui crudi canovacci della malavita napoletana in “Take five” di Guido Lombardi. E infine “Tir” il film vincitore. Che soffre di molti silenzi e di troppe lentezze ma riesce infine a far lievitare un materia originale, facendo emergere charoscuri esistenziali di qualche verità da un vicenda raccontata come una sorta di “on the road” del Terzo Millennio. E non è un documentario.
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