ACAB. La serie

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Adolescenza, Amicizia, Dolore, Donna, Educazione, Famiglia, Famiglia - genitori figli, Giustizia, Matrimonio - coppia, Morte, Politica-Società, Psicologia, Violenza
Genere
Drammatico, Poliziesco, Psicologico, Thriller
Regia
Michele Alhaique
Durata
Miniserie da 6 episodi, da 50'
Anno di uscita
2025
Nazionalità
Italia
Titolo Originale
ACAB
Distribuzione
Netflix
Soggetto e Sceneggiatura
Dal romanzo "ACAB" di Carlo Bonini, il copione è di Filippo Gravino, Carlo Bonini, Elisa Dondi, Luca Giordano
Fotografia
Vittorio Omodei Zorini
Musiche
Mokadelic
Montaggio
Patrizio Marone, Gianluca Scarpa
Produzione
Stefano Sollima, Riccardo Tozzi. Casa di produzione: Cattleya - ITV Studios, Netflix

Miniserie disponibile sulla piattaforma Netflix

Interpreti e ruoli

Marco Giallini (Ivano Valenti detto Mazinga), Adriano Giannini (Michele Nobili), Valentina Bellè (Marta Sarri), Pierluigi Gigante (Salvatore Lovato), Fabrizio Nardi (Pietro Fura), Donatella Finocchiaro (Anna Fura), Flavia Leone (Emma Nobili), Federico Mainardi (Juri Bonamin), Daniele Natali (Antonio Flores), Maurizio Tesei (Enzo Pignarelli), Aniello Arena (Arturo Manna), Chiara Muscato (Daniela Nobili), Fulvio Pepe (Gianmarco Levi)

Soggetto

Val di Susa, è una notte di tensione e scontri tra dimostranti e celerini. Una squadra della Mobile di Roma finisce sotto inchiesta perché nel conflitto si è registrato un violento accanimento ai danni di un ragazzo. Tornati a Roma, Mazinga, Marta e Salvatore vengono interrogati sui fatti; nel mentre, si aggiunge alla squadra Michele, che ha un passato di valore nell’arma. I loro temperamenti collidono, accesi da brucianti problemi personali, solitudini e sofferenze, salvo poi trovare lampi di solidarietà per appartenenza all’arma.

Valutazione Pastorale

Un racconto iperrealistico, addizionato di ombre, fragilità e violenza. È questo il tracciato narrativo della serie “ACAB”, novità in casa Netflix dal 15 gennaio 2025, una produzione Cattleya con un coinvolgimento produttivo-creativo di Stefano Sollima. A firmare la regia è Michele Alhaique, di cui si ricordano le serie “Non uccidere” (2018) e “Romulus. La serie” (2020-22). Il progetto “ACAB” si ricollega all’omonimo film diretto da Sollima nel 2012 e tratto dal romanzo di Carlo Bonini; il copione è stato rivisto e aggiornato al nostro presente, trovando punti di ancoraggio con nodi problematici della società odierna. La sceneggiatura è di Filippo Gravino con Carlo Bonini, Elisa Dondi e Luca Giordano. Protagonisti i bravi Marco Giallini, Adriano Giannini, Valentina Bellè e Pierluigi Gigante.
La storia. Val di Susa, è una notte di tensione e scontri tra dimostranti e celerini. Una squadra della Mobile di Roma finisce sotto inchiesta perché nel conflitto si è registrato un violento accanimento ai danni di un ragazzo. Tornati a Roma, Mazinga, Marta e Salvatore vengono interrogati sui fatti; nel mentre, si aggiunge alla squadra Michele, che ha un passato di valore nell’arma. I loro temperamenti collidono, accesi da brucianti problemi personali, solitudini e sofferenze, salvo poi trovare lampi di solidarietà per appartenenza all’arma.
“La violenza – dichiara il regista – è un tema che ho sempre provato ad esplorare nei miei lavori. In ‘ACAB’ la violenza viaggia su due binari paralleli, c’è quella visibile, fisica, messa in scena negli scontri. Poi c’è un’altra violenza, che viaggia più sotterranea e minacciosa, che condiziona in maniera più profonda i personaggi e le loro relazioni”.
La miniserie diretta da Alhaique si posiziona chiaramente nel perimetro dei titoli Cattleya-Sollima – tra titoli di punta “Romanzo criminale. La serie” (2008-10), “Gomorra. La serie” (2014-21), “Suburra” (2015) e “ZeroZeroZero” (2020) –, disegnando una contemporaneità ammantata da atmosfere fosche e disperanti, dove si fa fatica a cogliere appigli di speranza. Un quotidiano che risucchia come sabbie mobili, tra problemi sul lavoro e con una vita privata in caduta libera. I poliziotti della Mobile vengono presentati nelle prime sequenze come duri “manganellatori”, per poi allargare il campo dello sguardo sulle loro esistenze, lasciando emergere tutta la loro fragilità, tra irrisolti nel passato e sventure angoscianti nelle pieghe familiari (violenze domestiche, abusi, solitudine, raggiri, ecc.). Un modo per dare complessità ai profili dei personaggi e sottrarli alla polarizzazione bianco-nero, giusto-sbagliato; quasi una voler spingere lo spettatore a interrogarsi sull’origine di tali durezza e rabbia in ambito lavorativo.
Il problema, però, a livello tematico riguarda il fatto che al di là della comprensione delle difficoltà di queste esistenze fragili nulla può giustificare una gestione della legalità inquinata da violenza. I traumi nel privato non possono depenalizzare azioni commesse fuori dalle regole: un reato è un reato, senza se e ma. Per questo motivo la miniserie “ACAB”, seppur seducente e convincente per stile di regia e tensione di racconto, corre su un binario altamente rischioso, dove il confine della legalità (e della moralità) è spesso sfumato. Troppo. Serie complessa, problematica.

Utilizzazione

Per temi e linguaggio, la serie richiede un pubblico adulto.

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