
Orig.: Italia/Francia (2018) - Sogg. e scenegg.: Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone - Fotogr.(Scope/a col): Nicolaj Bruel - Mus.: Michele Braga - Montagg.: Marco Spoletini - Dur.: 102' - Produz.: Matteo Garrone, Jean Labadie, Jeremy Thomas per Archimede e Le Pacte con RAI Cinema - 71^ FESTIVAL DI CANNES 2018 IN CONCORSO - VIETATO AI MINORI DI 14 ANNI.
Interpreti e ruoli
Marcello Fonte (Marcello), Edoardo Pesce (Simoncino), Nunzia Schiano (madre di Simoncino), Adamo Dionisi (Franco), Francesco Acquaroli (Francesco), Alida Baldari Calabria (Alida), Gianluca Gobbi (ristoratore)
Soggetto
In una periferia povera e degradata, Marcello, uomo mite, passa le giornata tra il lavoro nel suo negozio di toelettatura per cani, l'amore per la figlia piccola Alida e l'ambigua amicizia (in verità un rapporto di sudditanza), con Simoncino, un ex pugile manesco che terrorizza la zona...
Valutazione Pastorale
Le prime immagini mettono paura per la rabbia e la cattiveria che sprigionano quegli esemplari di cani affidati alla cura di Marcello. Paura e immediata repulsione: le stesse che emergeranno più avanti quando a provocarle saranno quegli esseri umani capaci di una malvagità ancora maggiore. Umani ma non troppo, in realtà rappresentanti di una tipologia caratteriale che ha perso ogni dignità e scelto di regredire al livello della ferinità più bieca. Comincia un po' in sordina questo amaro apologo di Garrone, che resta dalle parti dei suoi titoli precedenti e affonda l'obiettivo dentro la carne viva della persona indifesa per farne emergere grida di dolore e malesseri esistenziali. Ad un certo punto, il copione fa un taglio netto, una cesura tra un prima e un dopo: quando Marcello aiuta l'amico a compiere la rapina nel negozio accanto al suo, e poi, scoperto e messo alle strette, non fa nomi, non firma, sconta un anno di carcere senza battere ciglio. Dopo, si può dire che prenda il via un altro film: quello in cui il futuro di Marcello si tinge di un colore indefinibile, a metà tra il perdono, la vendetta, l'amicizia nascosta. Qui Marcello farà in modo che nella gabbia del cane il posto sia preso da un uomo e che il percorso della verità sia smarrito e ridotto a cenere e smarrimento. Non c'è riscatto, non c'è rivincita. Non c'è nemmeno un risollevarsi interiore. Marcello trascina un corpo senza vita finchè ne ha la forza, poi si ferma e si guarda intorno. Desolata e selvaggia, la campagna si stende solitaria. Nessuno, non una presenza di essere umano: ma chi sono e dove sono gli altri? Marcello si sente (ed è) solo, vuoto, privo di forza di reazione. Nessuno lo sente, nessuno lo aiuta. Un freddo senso di solitudine blocca anima e cuore. La condizione umana naviga tra incertezza e abbandono, e noi possiamo osservare impotenti e provare, semmai, ad alzare un po' di più gli occhi. Come aveva fatto Zampanò nella sequenza conclusiva della Strada felliniana. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il tono di costante e prolungata tensione che il film genera induce a utilizzare con prudenza il film nella programmazione ordinaria (c'è il divieto ai minori di 14 anni), da affidare a occasioni mirate per riflettere con attenzione sui profondi abissi di violenza che la storia scava e procura.