
Serie disponibile sulla piattaforma RaiPlay
Interpreti e ruoli
Sam Claflin (Edmond), Jeremy Irons (Abate Faria), Michele Riondino (Jacopo), Lino Guanciale (Vampa), Ana Girardot (Mercedes), Mikkel Boe Folsgarrd (Gérard Villefort), Blake Ritson (Danglars), Karla-Simone Spence (Haydée), Gabriella Pession (Hermine Danglars), Nicolas Maupas (Albert), Harry Taurasi (Fernand), Amaryllis August (Valentine)
Soggetto
Marsiglia, inizio ‘800. Edmond Dantès viene nominato capitano del Pharaon e si sta per sposare con l’amata Mercedes. Un complotto, però, è ordito alle sue spalle: accusato di essere un cospiratore bonapartista, viene arrestato e sbattuto nel Castello d’If. Dopo dieci lunghi anni, grazie all’aiuto dell’Abate Faria, Edmond riesce a evadere e a pianificare una vendetta. Vuole riprendersi la vita che gli è stata tolta…
Valutazione Pastorale
Negli ultimi decenni sono stati soprattutto gli inglesi a investire sulla formula del period drama, tra serie e miniserie Tv, racconti ambientati in epoca Regency, vittoriana ed edoardiana, ovvero tra XIX e inizio XX secolo. Sono tutti gli adattamenti dai grandi classici firmati Jane Austen, Elizabeth Gaskell, Charles Dickens così come delle sorelle Brontë. Tra i successi più importanti la serie di finzione “Downton Abbey” (2010-15, seguita da 2 film cinematografici e un terzo in arrivo) firmata Julian Fellowes, che ha rilanciato ulteriormente il genere narrativo non solo in ambito europeo ma mondiale. Un vero e proprio fenomeno british, che ha spinto poi Fellowes a realizzare anche uno spin-off in chiave statunitense con “The Gilded Age” (dal 2022, in produzione). Nel 2025 la Rai torna a scommettere sullo stesso tracciato narrativo, recuperando la sua tradizione dei grandi sceneggiati in costume come quelli diretti da Sandro Bolchi o Anton Giulio Majano tra gli anni ’50 e ’70. È la miniserie “Il Conte di Montecristo”, adattamento del classico di Alexandre Dumas, un’operazione culturale targata Palomar e Rai Fiction. Alla base c’è il viaggio esistenziale dell’eroe tragico Edmond Dantès, raccontato nella sua parabola di caduta e risalita, puntellata da un senso di rivalsa e vendetta. Realizzata da una cordata produttiva internazionale guidata da Palomar, la serie “Il Conte di Montecristo” è diretta dal regista danese Bille August, su un copione firmato da Sandro Petraglia, Lorenzo Bagnatori, Eleonora Bordi e Michela Straniero. La miniserie è stata presentata in anteprima alla 19a Festa del Cinema di Roma (2024).
La storia. Marsiglia, inizio ‘800. Edmond Dantès viene nominato capitano del Pharaon e si sta per sposare con l’amata Mercedes. Un complotto, però, è ordito alle sue spalle: accusato di essere un cospiratore bonapartista, viene arrestato e sbattuto nel Castello d’If. Dopo dieci lunghi anni, grazie all’aiuto dell’Abate Faria, Edmond riesce a evadere e a pianificare una vendetta. Vuole riprendersi la vita che gli è stata tolta…
“Il conte di Montecristo è una delle più grandi storie di vendetta mai raccontate”. Così il regista August, che aggiunge: “[è] il viaggio del protagonista, Edmond Dantès, nel suo percorso di vendetta nei confronti degli uomini che gli hanno rubato venti anni di vita e il suo unico vero amore. In questa sua implacabile ricerca, Edmond tesse intrichi raffinatamente spietati, intrappolando non solo i suoi nemici, ma tutti quelli che entrano nella sua orbita, gettando luce e speranza sull’umanità e restituendo anche a noi la fiducia nel potere salvifico dell’amore”.
Il regista governa in maniera solida un racconto di complessità e respiro, portando la sua esperienza maturata sui grandi romanzi del passato (tra i suoi lavori “La casa degli spiriti” del 1993 e “I miserabili” del 1998). La narrazione viaggia spedita, con una chiara tensione narrativa, ben sorretta da un valido cast e soprattutto da una messa in scena accurata, raffinata. Il tema della vendetta è affrontato in maniera attenta e sfaccettata, rispettandone complessità narrativa e risvolti morali, con una formula elegante marcata da poesia. È una suggestione di matrice classica, forte dell’ossatura narrativa di Dumas, dove lo spettatore non è “forzato” a empatizzare con il protagonista e la sua tragedia, ma libero di maturare una propria riflessione. Una serie che vanta un’indubbia qualità visiva e narrativa, pronta a lasciarsi apprezzare anche da un nuovo pubblico. Ottimo il protagonista Sam Claflin (“Daisy Jones & The Six”, “Peaky Blinders”), affiancato dal veterano Jeremy Irons e dagli italiani Lino Guanciale, Michele Riondino e Gabriella Pession. Consigliabile, problematica, per dibattiti.