
Interpreti e ruoli
Meltem Kaptan (Rabiye Kurnaz), Alexander Scheer ( Bernhard Docke), Cornell Adams (Baher Azmy), Devrim Deniz Aslan (Atilla), Yasar Cetin (Il ministro della giustizia turco), Charly Hubner (Marc Stocker), Nazmî Kirik (Mehmet Kurnaz), Abdullah Emre Öztürk (Murat Kurnaz), Sevda Polat (Nuriye), Safak Sengül (Fadime), Mert Dincer (Cem Kurnaz)
Soggetto
Rabiye Kurnaz è una casalinga turco- tedesca, che vive da anni a Brema. Le sue movimentate giornate ruotano attorno alla cura dei tre figli e della casa. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, il figlio maggiore Murat viene accusato di terrorismo, arrestato e condotto a Guantánamo. Per Rabiye è l’inizio di una lunga battaglia che la porterà fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Valutazione Pastorale
Diretta da Andreas Dresen, “Una mamma contro G.W. Bush” (“Rabiye Kurnaz gegen George W. Bush”) è una commedia drammatica, la storia vera di una donna, semplice e determinata, che, dopo l’arresto del figlio accusato di terrorismo e rinchiuso a Guantánamo, intraprende una lunga e difficile azione legale che la porterà fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La trama. Rabiye Kurnaz (nella strepitosa interpretazione di Meltme Kaptan che le è valsa il premio come migliore attrice protagonista al Festival di Berlino 2022) vive a Brema con il marito e i tre figli. Il maggiore, Murat, si è avvicinato molto alla pratica religiosa e frequenta assiduamente la moschea. Nonostante la contrarietà dei genitori, a diciannove anni, parte per il Pakistan. Gli attentati dell’11 settembre 2001 lo sorprendono nel Paese asiatico dove, qualche mese dopo, gli americani lo arrestano con l’accusa di terrorismo e lo spediscono a Guantánamo. La donna decide perciò di rivolgersi a un avvocato, Bernhard Docke (Alexander Scheer), che, dopo qualche esitazione, si appassiona sempre di più alla causa, conquistato anche dalla disarmante autenticità della donna. Coadiuvato da un’associazione per i diritti umani, l’accompagnerà fino a Washington, per discutere il caso alla Corte Suprema.
“Una mamma contro G.W. Bush” è un film notevole, non solo per l’argomento (è una storia vera), ma anche per il garbo e l’equilibrio che il regista, Andreas Dresen e la sceneggiatrice, Laila Stieler, riescono a mantenere tra religione e fanatismo, tra il dramma di un giovane -accusato senza potersi difendere, sbattuto in prigione e torturato da chi si è sempre accreditato come paladino della difesa dei diritti e della libertà – e la tenacia di una donna ingenua e “pasticciona”, dalla fisicità importante e travolgente (curioso il contrasto, anche visivo, con il sottile e compassato avvocato Docke) capace però di smuovere le montagne. Una figura così “ingombrante” e potente da oscurare tutte le altre, in primis il padre, che resta sullo sfondo, non si mette in gioco, non si oppone, ma neppure si fa coinvolgere. E, se anche il finale è noto, non per questo il film risulta meno appassionante, anzi! Dal punto di vista pastorale “Una mamma contro G.W. Bush” è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è utilizzare in programmazione ordinaria e in molte altre occasioni di dibattito per approfondire una delle pagine più drammatiche della recente storia americana e mondiale.