I film in sala dal 22 gennaio 2015

martedì 27 Gennaio 2015
Un articolo di: Redazione

 Il 27 gennaio ricorre la Giornata della Memoria, stabilita dalle Nazione Unite ufficialmente nel 2005: è l’occasione per ricordare l’orrore del nazifascismo e il dramma della Shoah. Il cinema da sempre in prima linea sul fronte della testimonianza ha contribuito con numerose opere a tenere vivo il ricordo della tragedia: Schindler’s List (1994), La vita è bella (1997), Il bambino con il pigiama a righe (2008), La chiave di Sara (2012).

Dal 26 gennaio arriva in sala anche Corri ragazzo corri (Lauf Junge lauf) di Pepe Danquart ispirato alla storia di Yoram Fridman, raccontata nell’omonimo libro di Uri Orlev. Nel pieno della Seconda guerra mondiale, nel 1942, il piccolo Jurek scappa dal ghetto di Varsavia in cerca di salvezza. Ha inizio un cammino denso di incertezze e ostacoli, ma anche proteso verso la speranza. Il film si adatta certamente alla circostanza della Giornata della Memoria e ha il merito di proporsi come esempio della possibilità di raccontare l’evento Olocausto non più legato al periodo storico ma in forma più universale, scenario della terribile presenza del Male nella Storia e nel mondo. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.

Un altro film che affronta un tema difficile e controverso è Difret. Il coraggio per cambiare (Difret) di Zeresenay Berhane Mehari, opera che arriva dall’Africa, con il sostegno nella promozione di Angelina Jolie, ambasciatrice dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – UNHCR. È la storia della 14enne etiope Hirut, che nel rientrare a casa da scuola è vittima di una brutale violenza dalla quale si ribella uccidendo il suo assalitore. Si apre così una complessa contesa giudiziaria. Con stile semplice e scorrevole, il copione porta in primo piano temi forti legati alla difficoltà di cambiare usi e abitudini tribali, al ruolo della donna, al matrimonio inteso come sottomissione di una all’altro. “Difret” in etiope significa “avere coraggio, osare”. Un bella prova professionale per un film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti. 

Con Still Alice, di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, grazie soprattutto alla protagonista Julianne Moore vincitrice del Golden Globe e probabile trionfatrice all’Oscar 2015, entriamo nel vivo del dramma della malattia mentale. È l’Alzheimer la malattia che colpisce la 50enne Alice Howland, una rinomata professoressa di Linguistica presso la Columbia University. Per la donna e la sua famiglia si apre una discesa negli inferi, ma anche l’occasione per riannodare i propri legami. Il racconto ha un andamento molto coinvolgente, seppure il tema presenti numerose insidie narrative. Gli attori – oltre alla Moore troviamo Kristen Stewart e Alec Baldwin – offrono un grado di credibilità alla storia, che prende le mosse da un romanzo di Lisa Genova. Dal punto di vista pastorale il film è problematico e adatto per dibattiti. 

Dagli Stati Uniti arrivano anche Boyhood di Richard Linklater, riuscito in sala dopo la pioggia di candidature (6) agli Oscar 2015 e John Wick di Chad Stahelski e David Leitch, che segna il ritorno in auge di Keanu Reeves al centro di un thriller dinamico e segnato da momenti di violenza. Dal Sudamerica invece viene proposto in sala Mateo, dramma colombiano diretto da María Gamboa che racconta le vicissitudini del 16enne Mateo. 

Dall’Italia due nuove commedie: Sei mai stata sulla Luna? di Paolo Genovese e Il nome del figlio di Francesca Archibugi. Il film di Genovese (Immaturi, Una famiglia perfetta, Tutta colpa di Freud) affronta la classica contrapposizione tra vita di città e di campagna, avvalendosi di un cast all star: Raoul Bova, Liz Solari, Sabrina Impacciatore, Neri Marcorè, Sergio Rubini, Giulia Michelini. Buoni i propositi, dal risultato però non sempre originale. Ne esce un racconto ben diretto da Genovese ma privo delle suggestioni sia della Milano post moderna sia della Puglia dai mille sapori ambientali. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile e nell’insieme semplice. Prendendo le mosse dalla pièce teatrale Le prénom di Alexandre De la Patellière e Matthieu Delaporte e dalla versione cinematografica francese Cena tra amici (2012) sempre di De la Patellière, Il nome del figlio della Archibugi è un racconto frizzante e al tempo stesso amaro di un gruppo familiare, di amici, che si ritrovano per una sera a cena. Durante la cena emergono contraddizioni, rivalse e sentimenti repressi, che tratteggiano le incertezze di una generazione di quarantenni chiamati a confrontarsi con un panorama politico-sociale italiano profondamente mutato. Dal punto di vista pastorale l’opera è da valutare come consigliabile e senz’altro problematica.

Si segnalano in chiusura un documentario italiano e un film di animazione franco-belga: Piccoli così di Angelo Marotta, doc che racconta la storia corale di tanti genitori (compreso il regista) che hanno dovuto affrontare la difficoltà di bambini nati prematuri, un inno alla resistenza e alla speranza, e Minuscule. La valle delle formiche perdute (Minuscule. La vallée des fourmis perdues) di Thomas Szabo e Hélène Giraud, un curioso viaggio alla scoperta degli insetti. 


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