Il ricordo di Willy Monteiro Duarte in “40 secondi”. È il giorno anche di Virzì con “Cinque secondi”
sabato 18 Ottobre 2025
Un articolo di:
eariola
Terzo giorno di proiezioni alla 20a Festa del Cinema di Roma. In cartellone ancora due titoli italiani. Il primo è “40 secondi” di Vincenzo Alfieri, che ricostruisce le ultime ore di Willy Monteiro Duarte, ventenne ucciso brutalmente in una rissa alle porte di Roma mentre cercava di aiutare un amico. Vittima di una barbarie, la sua storia ha segnato l’opinione pubblica. Con Justin De Vivo, Francesco Gheghi e Francesco Di Leva, il film è cronaca di quell’evento e al contempo sguardo nelle fratture sociali, nei territori della violenza dove Stato e agenzie educative sembrano in ritirata. E sempre alla Festa del Cinema il nuovo film di Paolo Virzì, “Cinque secondi”, storia di una paternità ferita, dilaniata, che rifiuta la vita davanti alla morte di una figlia; una caduta rovinosa che però lascia intravedere spazi di rinascita grazie a un incontro che salva. Virzì dirige con mestiere una storia complessa, un giallo dell’anima; un sentiero narrativo sfidante, insidioso, rischiarato dall’ottima prova di Valerio Mastandrea.
“40 secondi” (Cinema, 19.11.25)
Un dramma atroce, un fatto di cronaca che brucia ancora a distanza di cinque anni da quel fosco 6 settembre 2020, in piena tempesta Covid-19. Il ventunenne Willy Monteiro Duarte, italiano di origini capoverdiane, per sedare un conflitto fuori da un locale a Colleferro, vicino Roma, è vittima di una feroce aggressione, etichettabile come cinica e casuale banalità del male. L’opinione pubblica è scossa da quei fatti, e il presidente Sergio Mattarella ha riconosciuto al ragazzo la medaglia per il valore civile. Ora quel tragico evento viene ricordato nel film di Vincenzo Alfieri, “40 secondi”, scritto dallo stesso regista insieme a Giuseppe G. Stasi, prendendo le mosse dal libro-inchiesta di Federica Angeli. Protagonisti Justin De Vivo, Francesco Gheghi, Enrico Borello, Francesco Di Leva, Beatrice Puccilli, Giordano Giansanti, Luca Petrini, Maurizio Lombardi e Sergio Rubini. Prodotto e distribuito da Eagle Pictures, il film è nelle sale dal 19 novembre 2025. La storia. Colleferro, 2020. Un’uscita tra amici, una serata in discoteca, diventa la vertigine che fagocita le vite di un gruppo di ventenni irreparabilmente. In primis per Willy, giovane diplomato all’alberghiero e con il sogno di diventare chef. Il suo sorriso, i suoi progetti di vita, orgoglio per la madre immigrata, vengono spezzati perché si trova nel posto e nel momento sbagliato. Per calmare un amico, finito dentro a una rissa per un apprezzamento a una ragazza, Willy viene preso violentemente a pugni da due fratelli pugili, terrore della comunità locale…“Non capivo cosa mi potesse spingere – ha dichiarato il regista – quale sarebbe stato il mio punto di vista. In qualche modo sembrava essere una storia (…) di cui le persone sapevano già tutto. E non potevo essere più in errore. Quando letto il libro di Federica Angeli ho avuto un’epifania, subito nelle prime pagine la scrittrice si pone un interrogativo: Willy e i suoi assassini come avranno cominciato la giornata che li ha portati alla loro fine? (…) Perché questa storia parla soprattutto di ragazzi qualunque. Non è una storia criminale, ma di dolore. Una storia di persone come tutti noi”. Il regista perimetra il suo racconto, traccia i confini di una storia divenuta un impietoso fatto di cronaca nera, dove non c’è speranza ma solo dolore e degrado. Alfieri esplora le ultime 24 ore dei principali soggetti in campo, vittime e carnefici, sfumandone però i contorni. I personaggi non sono raccontati con prospettive polarizzate, secondo la logica bene-male; identifica sì i responsabili di tali atrocità, della morte di un innocente, Willy Monteiro Duarte, ma cerca anche di indagare la genesi del male, le radici dell’odio. E qui il regista allarga lo sguardo e puntare il dito su uno sfondo sociale compromesso, degradato, che contamina tutto e tutti. Un non-luogo dove le agenzie educative hanno fallito, abdicato al loro ruolo, e dove lo Stato sembra battere in ritirata. Insomma, un mondo di vinti, dove il male trova facile spazio di manovra.La linea di racconto e di regia di Vincenzo Alfieri funzionano, risultano efficaci, procedendo con un passo asciutto, controllato, anche se qua e là sembrano sfuggire di mano anche soluzioni enfatiche, patinate, che sovraccaricano un po’ l’andamento del racconto. Nell’insieme un’opera che punta sia a ricordare la figura di Willy Monteiro Duarte sia a denunciare i contesti in cui queste tragedie dilagano, e rischiano di ripetersi. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Cinque secondi” (Cinema, 30.10.25)
Un dramma intimo, quasi un giallo dell’anima. È “Cinque secondi”, nuova regia di Paolo Virzì, che presenta alla 20aFesta del Cinema di Roma e poi subito in sala dal 30 ottobre 2025 targato Vision Distribution, Greenboo Production, Indiana Production e Motorino Amaranto. Protagonisti Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Ilaria Spada, Galatea Bellugi, Anna Ferraioli Ravel. La storia. Toscana oggi. In una località diroccata, una ex tenuta nota come Villa Guelfi, l’avv. Adriano Sereni ha preso un locale in affitto ricavato dalle ex scuderie della proprietà. Vuole stare da solo, lontano da tutti. Ha abbandonato su due piedi il suo prestigioso studio legale, gettando associati e dipendenti nel panico. Adriano sta scappando dai suoi demoni interiori, dal dolore per la perdita della figlia adolescente, morta in circostanze sospette. Di quella morte è accusato proprio lui: gli fa causa la ex moglie, e anche il figlio minore lo considera responsabile. Quella che appare come una storia di sconfitta e autodistruzione, cambia verso quando un allegro gruppo di viticoltori-ecologisti occupa la Villa e prova a rimetterla in sesto. A guidarli la ribelle Matilde Guelfi, erede del casato decaduto…
“Un film sulla morte e sulla vita – racconta l’autore – su come anche il dolore possa generare tenerezza e protezione. Adriano sembra cercare ostinatamente una solitudine che è disturbata dall’arrivo di una comunità di ragazze e ragazzi. Tra loro Matilde, che è incinta ma non sembra importarle se il nascituro abbia un padre. Il tema del padre e della paternità (…) anima il duello tra Adriano e Matilde. Il reciproco fastidio diventa alleanza, una tutela per lei, forse una rinascita per lui”.
Paolo Virzì dirige una storia misteriosa e dolorosa. Insieme a Francesco Bruni e Carlo Virzì firma un copione che sulle prime risulta avvolto da nebbia, da enigmatiche inquietudini e fratture dell’anima. Il protagonista è un padre “fallito”, mutilato, che ha perso la figlia maggiore in un incidente e alla fine il minore, per l’incapacità di saper custodirne dialogo e ascolto. Adriano rifiuta la sua professione, gli agi in cui è sempre vissuto, rintanandosi ai confini di un bosco abitato da decadenza e solitudine. L’imponente Villa Guelfi, un tempo rigogliosa, appare in rovina proprio come lui. Un giorno, però, un gruppo di giovani prova a rianimarla, a ravvivarne il vigneto; e la rinascita di quei tralci e grappoli sembra richiamare metaforicamente il percorso di riscatto dell’uomo, che a contatto con loro, con l’impavida Matilde, riscopre colore, umanità e desiderio di domani. Oltre a questa parabola di caduta e riscatto, che rende il film di certo valido, l’opera di Virzì mette a tema anche altro. Nel raccontare la vicenda dell’uomo allarga il campo al suo dramma familiare, al processo in cui è coinvolto: Adriano è accusato di aver esposto in maniera sconsiderata sua figlia, malata di Sla, a un rischio divenuto fatale. E qui il film diventa uno spinoso court-room drama, dove lo spettatore lungo le fasi processuali scandaglia ricordi e rimossi dell’uomo. Virzì percorre questo sentiero con astuzia, sfumandone i contorni e consegnando un dubbio bruciante allo spettatore. Una soluzione accorta ma al contempo anche “scivolosa”, che potrebbe implicare scelte (e temi) sfidanti, di certo non condivisibili. Al di là di ciò, “Cinque secondi” è un’opera adeguatamente strutturata e fumosa, sorretta dall’interpretazione puntuale e vibrante di Valerio Mastandrea. Complesso, problematico, per dibattiti.