“Noi del rione Sanità”, coinvolgente miniserie ispirazionale a colpi di rap

mercoledì 22 Ottobre 2025
Un articolo di: Sergio Perugini

Racconto di impegno civile, ispirazionale, che si muove con efficacia su sonorità rap, quello napoletano di Lucariello. È “Noi del rione Sanità”, miniserie evento in onda su Rai Uno e RaiPlay dal 23 ottobre (3 prime serate, 6 episodi in tutto) che prende le mosse dall’operato di don Antonio Loffredo nell’omonimo quartiere di Napoli, uno spazio-comunità cambiato profondamente dall’arrivo del sacerdote, dall’incontro con il teatro, la cultura e la testimonianza. Una storia non di degrado, bensì di cambiamento, accesa dai colori della speranza. A firmare la regia Luca Miniero (“Benvenuti al Sud”, “Le indagini di Lolita Lobosco”), il copione è di Salvatore Basile, Angelo Petrella e Benedetta Gargano sul tracciato dell’omonimo libro autobiografico di don Loffredo (edizioni San Gennaro). Protagonista un trascinante Carmine Recano ben affiancato da Bianca Nappi, Nicole Grimaudo, Vincenzo Nemolato, Tony Laudadio, Chiara Celotto e Giovanni Ludeno. La miniserie è prodotta da Mad Entertainment, Rai Fiction e Rai Com. Abbiamo visto in anteprima il primo episodio.

Set della serie “Come un padre” di Luca Miniero.
Nella foto Carmine Recano e Antonio Fusaro.
Foto di Gianni Fiorito
Questa fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d’autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film.
E’ obbligatoria la menzione dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.

La vicenda
Napoli, fine anni Novanta. Don Giuseppe Santoro ha messo in piedi un progetto per i detenuti del carcere di Poggioreale; il suo sogno è quello di offrire professionalità e riscatto, ma si infrange rapidamente quando tre detenuti scappano. Il vescovo allora, per contenere gli slanci del sacerdote, lo destina come parroco al rione Sanità, in un contesto sociale difficile segnato da rassegnazione e malavita, e dove in particolare i più giovani sono disaffezionati alla Chiesa, all’idea di riscatto. Don Giuseppe però non si lascia per nulla spaventare, e con l’aiuto della pragmatica suor Celeste, come pure dei fidati Lello e Asprinio, inizia a studiare il territorio, a tessere una tela di dialogo con il quartiere. Sulle prime la comunità dimostra sospetto verso il nuovo prete, che gira “in borghese”, senza colletto. La scintilla del cambiamento arriva però quando don Giuseppe decide di dar vita, in una delle chiese del rione, a un corso di teatro; un teatro che diventa ben presto laboratorio di legalità, fiducia e futuro. Questa “ribellione culturale” però spaventa il boss locale Mariano Santella…

Set della serie “Come un padre” di Luca Miniero.
Nella foto Carmine Recano, Federico Cautiero, Federico Milanesi, Caterina Ferioli, Ludovica Nasti e Giampiero De Concilio, .
Foto di Gianni Fiorito
Questa fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d’autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film.
E’ obbligatoria la menzione dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.

Un racconto giocato sul “Noi”
“Non immaginavo tutto questo – ha dichiarato don Antonio Loffredo – Ho visto le prime due puntate e ho potuto leggere la sceneggiatura: sono caduti i pregiudizi verso la fiction. È un’arte, una modalità di racconto che ha la sua forza e dignità narrativa. E a chi dice che la miniserie parla di me, in verità io dico che parla di Noi, di Noi del rione Sanità. Io probabilmente ho avuto il ruolo di mediano, il goal lo hanno fatto i ragazzi”. E sul perché nella serie il protagonista non porti il suo nome, ha spiegato: “Ho chiesto che il prete non si chiamasse come me ma come il mio predecessore, don Giuseppe, perché io ho lavorato su un terreno già arato”. Ancora, don Loffredo, in un dialogo con il Sir, ha affermato: “Vorrei solo che, incontrandomi, qualcuno potesse riconoscere in me quell’asino che portava Gesù a Gerusalemme: felice non per sé, ma solo per averlo portato, anche solo per un tratto, tra la folla e la polvere della strada”.

Set della serie “Come un padre” di Luca Miniero.
Nella foto Carmine Recano, Vincenzo Nemolato, Chiara Celotto, Federico Cautiero e Morena Chiara De Luca.
Foto di Gianni Fiorito
Questa fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d’autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film.
E’ obbligatoria la menzione dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.

Sguardo luminoso tra testimonianza e impegno civile
Ricorda non poco due titoli Rai dedicati alla memoria di due preti esemplari: “Alla luce del sole” (2004) di Roberto Faenza sul beato don Pino Puglisi e “Per amore del mio popolo” (2014) di Antonio Frazzi su don Peppe Diana. “Noi del rione Sanità” diretto da Luca Miniero è un racconto ispirazionale costruito sull’operosità di un prete educatore, don Antonio Loffredo; un’opera che celebra la vita, il sogno di portare cultura e speranza ai giovani in un luogo viziato e tenuto sotto scacco dalla criminalità. Un sacerdote espressione di una Chiesa in uscita, richiamando papa Francesco, che si inginocchia come il samaritano sul corpo ferito di un’intera comunità e le presta soccorso ridonando salute, sogni e futuro.
Una storia impastata da coraggio e impegno civile, giocata sull’eroismo di un prete dagli occhi sempre vispi e dal sorriso contagioso che ha sfidato la malavita a viso aperto, con le sole armi della cultura e della fede. A imprimere una particolare vis narrativa all’opera di Miniero sono le tonalità accese di vita e di fiducia che brillano sulla partitura del rap Lucariello che ha condiviso la composizione dei brani con il cantautore Lello Savonardo.
In particolare, “Noi del rione Sanità” pedina il quotidiano di don Giuseppe, instancabile testimone di fede e convinto sostenitore di un riscatto sociale possibile, che nonostante le critiche e le resistenze decide di mettere a disposizione le chiese a lui affidate al territorio, trasformandole in roccaforti di ascolto, dialogo e cultura soprattutto per i più giovani, quello più esposti alle sirene di corruzione. A sagomare con efficacia don Giuseppe è Carmine Recano (tra i suoi ultimi titoli “Mare fuori”, “Diamanti” e “Sara. La donna nell’ombra”), che abita la figura del sacerdote in maniera rispettosa e asciutta, senza enfasi o clamori. A funzionare, in generale, nel racconto è un po’ tutto il cast, dai comprimari più noti come Bianca Nappi, che abita suor Celeste in maniera acuta e brillante, ai giovani interpreti scelti per tratteggiare i ragazzi del rione Sanità (tra loro l’ottima Chiara Celotto), che hanno risposto alla chiamata di speranza di don Giuseppe, sottraendosi alla vertigine del male.
Nel racconto don Giuseppe ha più di un opponente – tratto tipico delle miniserie eroico-biografiche – fuori e dentro la Chiesa: anzitutto il boss del luogo Mariano Santella (un sempre bravo Giovanni Ludeno), insofferente alla carica di energia e di libero pensiero del sacerdote; poi, i vertici della Chiesa napoletana che non vedono di buon occhio il suo attivismo così rumoroso; e infine, la stessa comunità del rione, inizialmente diffidente, sospettosa, davanti a parole così chiare e dirette. Nessuno ha mai ricordato loro che la speranza esiste, è percorribile, e nasce dall’aderire a un progetto di cambiamento, personale e collettivo. Di comunità.
A giudicare dalla prima puntata, “Noi del rione Sanità” è una serie che ha valide dinamica e tensione narrativa, dimostrando colore, calore e carattere. È un racconto che procede compatto, agile e magnetico, interpellando lo spettatore sui valori-faro della nostra società, tra legalità e solidarietà. Una miniserie edificante e corroborante, che scommette sul potere della cultura e la forza del sorriso. Consigliabile, problematico-poetica, per dibattiti.

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