Proposta numero quindici per l’Anno della Fede

lunedì 21 Ottobre 2013
Un articolo di: Redazione

Quindicesima proposta per l’Anno della Fede è Il pranzo di Babette (Babettes Gaestebud, 1987), film diretto e sceneggiato dal regista danese Gabriel Axel, tratto dall’omonimo racconto del 1958 di Karen Blixen (autrice del romanzo La mia Africa) e accolto con successo al 40° Festival di Cannes (Menzione speciale della giuria ecumenica), vincitore poi dell’Oscar come Miglior film straniero e del Nastro d’Argento per la protagonista Stéphane Audran.
Particolarmente apprezzato da Papa Francesco, Il pranzo di Babette mostra la presenza salvifica dell’amore, di Cristo, nelle pieghe di una comunità protestante, chiusa nella rigidità e nella negazione della felicità: «Vi si vede – ha spiegato il Papa  quando era ancora cardinale – un caso tipico di esagerazione di limiti e proibizioni. I protagonisti sono persone che vivono in un calvinismo puritano esagerato, a tal punto che la redenzione di Cristo si vive come una negazione delle cose di questo mondo. Quando arriva la freschezza della libertà, lo spreco per una cena, tutti finiscono trasformati. In verità questa comunità non sapeva che cosa fosse la felicità. Viveva schiacciata dal dolore. Era legata al pallido della vita. Aveva paura dell’amore» (A. Tornielli, Jorge Mario Bergoglio. Francesco. Insieme, Piemme, Milano 2013).
È la storia di una piccola comunità di pescatori situata sulle coste della Danimarca, sul finire dell’Ottocento, guidata spiritualmente da due anziane sorelle, Filippa (Bodil Kier) e Martina (Birgitte Federspiel), figlie di un austero pastore luterano ormai deceduto. Le due donne si prodigano per la comunità, distribuendo cibo e dando accoglienza ai bisognosi; è così, infatti, che accolgono Babette (Stéphane Audran), parigina di fede cattolica scappata dal suo Paese in piena rivoluzione. Babette si mette al servizio delle due donne gratuitamente, trascorrendo con loro quattordici anni. Un giorno, in occasione del centenario del pastore della comunità, Babette si offre di preparare un  pasto per tutti i fedeli, utilizzando i soldi vinti inaspettatamente alla lotteria. Nonostante l’esitazione iniziale della comunità, il  timore di essere “corrotti” dal ricco banchetto, l’esperienza si rivela per tutti una opportunità di riconciliazione.
Babette si presenta, pertanto, come una “figura Christi”, capace di rinunciare a se stessa per l’altro. Si spoglia dei propri averi e della propria arte (era un celebrato chef a Parigi), per mettersi caritatevolmente al servizio del prossimo. Oltre a un evidente simbolismo cristologico (il crocifisso che Babette porta sempre al collo), nell’opera si colgono riferimenti evangelici, come l’incontro con i discepoli a Emmaus (Lc 24,13-35) o il banchetto eucaristico (Mc c. 14, Mt c. 26), possibilità di salvezza e di riconciliazione per tutti. 
 Rileggiamo una sintesi della scheda di “Valutazione Pastorale” predisposta in quella occasione dalla Commissione Nazionale Valutazione Film:

“Un film eccezionale, quasi completamente fedele al racconto di Karen Blixen, fatto con estrema intelligenza delicatezza e gusto. È una vicenda senza grandi avvenimenti; una storia di sentimenti, di sensazioni, di emozioni velate che grazie a una splendida regia e a una recitazione ineccepibile prendono sempre più consistenza e coinvolgono in pieno lo spettatore. […] Babette, tornata regina incontrastata della sua cucina e col suo perenne buonumore è per quelle misere creature uno spiraglio di sole in una vita avara di gioia fatta di rimpianti e severe abitudini religiose. Dopo quel meraviglioso pranzo sembra che di colpo l’egoismo del vecchio padre e l’austerità di tutta una vita siano cancellati come per incanto per far posto alla speranza e alla serenità. Il tono di tutta la pellicola è garbato e di una finezza straordinaria: è indubbiamente un film dagli innumerevoli valori estetici, artistici e formali, ricco di motivi religiosi, umani e letterari». Raccomandabile/poetico.  (Segnalazioni cinematografiche,vol. 105 – 1988, pp. 37-39).


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