Period drama. Negli ultimi decenni sono stati soprattutto gli inglesi a investire sulla formula del period drama, tra serie e miniserie Tv, racconti ambientati in epoca Regency, vittoriana ed edoardiana, ovvero tra XIX e inizio XX secolo. Sono tutti gli adattamenti dai grandi classici firmati Jane Austen, Elizabeth Gaskell, Charles Dickens così come delle sorelle Brontë. Tra i successi più importanti la serie di finzione “Downton Abbey” (2010-15, seguita da 2 film cinematografici e un terzo in arrivo) firmata Julian Fellowes, che ha rilanciato ulteriormente il genere narrativo non solo in ambito europeo ma mondiale. Un vero e proprio fenomeno british, che ha spinto poi Fellowes a realizzare anche uno spin-off in chiave statunitense con “The Gilded Age” (dal 2022, in produzione). Ora la Rai torna a scommettere sullo stesso tracciato narrativo, recuperando la sua tradizione dei grandi sceneggiati in costume come quelli diretti da Sandro Bolchi o Anton Giulio Majano tra gli anni ’50 e ’70. Da gennaio 2025 sta infatti appassionando la platea di Rai Uno – con picchi di ascolto di quasi 6 milioni di spettatori e +31% di share – la miniserie “Il Conte di Montecristo”, adattamento del classico di Alexandre Dumas, un’operazione culturale targata Palomar e Rai Fiction. Alla regia c’è il danese Bille August (suoi “La casa degli spiriti”, “I miserabili”), tra gli autori del copione Sandro Petraglia.

La storia. Marsiglia, inizio ‘800. Edmond Dantès viene nominato capitano del Pharaon e si sta per sposare con l’amata Mercedes. Un complotto, però, è ordito alle sue spalle: accusato di essere un cospiratore bonapartista, viene arrestato e sbattuto nel Castello d’If. Dopo dieci lunghi anni, grazie all’aiuto dell’Abate Faria, Edmond riesce a evadere e a pianificare la vendetta…
Pros&Cons. Bille August governa in maniera solida un racconto di complessità e respiro, portando l’esperienza maturata sui grandi romanzi del passato. La narrazione viaggia spedita, con una chiara tensione narrativa, ben sorretta da un valido cast e soprattutto da una messa in scena accurata, raffinata. Il tema della vendetta è affrontato in maniera attenta e sfaccettata, rispettandone complessità narrativa e risvolti morali, con una formula elegante marcata da poesia. “Edmond – spiega August – tesse intrichi raffinatamente spietati, intrappolando non solo i suoi nemici, ma tutti quelli che entrano nella sua orbita, gettando luce e speranza sull’umanità e restituendo anche a noi la fiducia nel potere salvifico dell’amore”. È una suggestione di matrice classica, forte dell’ossatura narrativa di Dumas, dove lo spettatore non è “forzato” a empatizzare con il protagonista e la sua tragedia, ma libero di maturare una propria riflessione. Una serie che vanta un’indubbia qualità visiva e narrativa, pronta a lasciarsi apprezzare anche da un nuovo pubblico. Ottimo il protagonista Sam Claflin (“Daisy Jones & The Six”, “Peaky Blinders”), affiancato dal veterano Jeremy Irons e dagli italiani Lino Guanciale, Michele Riondino e Gabriella Pession. Consigliabile, problematica, per dibattiti.
