
In concorso alla 76a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia (2019)
Interpreti e ruoli
Brad Pitt (Roy McBride), Tommy Lee Jones (Clifford McBride), Liv Tyler (Eve McBride), Ruth Negga (Helen Lantos), Donald Sutherland (Colonnello Pruitt)
Soggetto
Un ufficiale degli Stati Uniti parte per una missione spaziale rischiosa che lo conduce fino ai limiti dello Spazio. E’ solo e finirà per confrontarsi con la mancanza della figura paterna…
Valutazione Pastorale
Newyorchese classe 1969, James Gray si è imposto all’attenzione con titoli quali "Little Odessa" (1994), "I padroni della notte" (2007), "Two lovers" (2008), "C’era una volta a New York" (2013). Questo nuovo film, in concorso a Venezia 76, è un thriller spaziale a sfondo esistenziale, con Brad Pitt protagonista nonché produttore. Cambiando dunque genere rispetto al passato, Gray sceglie la tematica dell’avventura ai confini del mondo conosciuto. Si tratta di un genere caro alla storia del cinema, per mettere a fuoco il rapporto uomo/infinito, con richiami alla narrativa di Athur C. Clarke e al cinema di Stanley Kubrick. La regia è molto dettagliata e suggestiva: sguardi immersivi, effetti speciali sorprendenti e stilisticamente seducenti. Al centro c’è quasi sempre in primo piano Brad Pitt, bravo ma talvolta legnoso. “Ad astra” è un viaggio nei più profondi recessi del sistema solare, una conquista fisica ma anche nelle profondità delle pieghe dell’animo umano. Dal punto di vista pastorale, il film è consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria, rintracciando nel racconto echi di “Gravity” di Alfonso Cuarón e di “Interstellar” di Christopher Nolan, perfino del Terrence Malick di “The Tree of life”. Citazioni che arricchiscono non poco la produzione.