
Sogg. e Scenegg.: Gus Van Sant, jr. - Fotogr.: (normale/a colori) Eric Alan Edwars, John Campbell - Mus.: Bill Stafford - Montagg.: Curtiss Clayton - Dur.: 99' - Produz.: Laurie Parker - Vietato ai minori degli anni diciotto
Interpreti e ruoli
River Phoenix (Mike Waters), Keanu Reeves (Scott Favor), James Russo (Richard Waters), William Richert (Bob Pigeon), Rodney Harvey (Gary), Chiara Caselli (Carmela), Michael Parker (Digger), Jessie Thomas, Grace Zabriskie, Udo Kier, Tom Troupe
Soggetto
Mike Waters, un giovane quasi sempre in preda a convulsioni da astinenza, a causa del continuo abuso di droga, vaga lungo le strade di Portland, nell'Oregon, alla ricerca di una madre forse esistita, di cui sono pieni i suoi sogni e le sue allucinazioni. Gli unici a soccorrerlo e a dimostrargli a modo loro una qualche solidarietà sono altri drogati e sbandati che Mike va incontrando nei suoi precari rifugi. Fra loro Scott Favor, un ragazzo proveniente da famiglia-bene, il cui padre sindaco della città lo sta cercando affannosamente attraverso le forze dell'ordine, ma che al primo tentativo di rientro non sa far altro che ricoprirlo di rimbrotti e ingiurie. Il ragazzo torna quindi alla strada e alla scuola di teppismo e depravazione di cui la strada è l'habitat privilegiato, diventando amico di Mike. Ma quando, sulle tracce dei vaghi ricordi di Mike, pervengono a un cascinale in degrado, nel quale l'ipotetica madre avrebbe ultimamente prestato servizio, e vi incontrano l'avvenente Carmela, Scott se ne innamora e parte con lei senza una parola per Mike, che continua da solo il suo vagabondaggio, procurandosi di che sopravvivere e continuare a drogarsi mediante squallide prestazioni con omosessuali. Rientrato negli Stati Uniti, Scott trova che il padre è morto. Rientra quindi nella casa paterna per reclamare la propria eredità, voltando le spalle agli amici della sua precedente avventura, per riadeguarsi, con Carmela, al mondo-bene dal quale era fuggito per velleitaria protesta.
Valutazione Pastorale
il tema del film sarebbe purtroppo di amara attualità, e non solo nell'Oregon o negli Stati Uniti, ma in ogni bassifondo di grande città. Ma il regista perde l'occasione di affrontarlo con animo riflessivo e umana partecipazione, per abbandonarsi ad effetti scenografici violenti, ispirandosi a Van Gogh come asseriscono scenografo e direttore della fotografia e insistendo sui toni del rosso, del giallo e del blu fino a dare l'impressione che suo primo interesse non sia tanto la squallida storia che intende raccontare, quanto gli effetti cromatici di cui la riveste. Persino i rapporti etero e omosessuali diventano occasione di compiaciute composizioni stilistiche e cromatiche, quasi si trattasse di riprodurre quadri di Picasso e Van Gogh, anziché le avvilenti esperienze di una vita vagabonda e disperata. Altrettanto dicasi dei dialoghi, in vari momenti di presuntuoso tono shakespeariano e infarciti di citazioni letterarie ambiziose, che evocano passaggi verbali di grandi scrittori, senza riuscire a ricrearne minimamente le atmosfere di umana tragedia e di lancinante dolore. Così il dramma è affidato quasi unicamente alla disperata solitudine del protagonista, semisvenuto in locali equivoci o in ricorrenti convulsioni in strade deserte, dalle quali viene infine trascinato via dagli occupanti di un'auto di passaggio, come un mucchietto di stracci. Film cinico e senza speranza.