
Presentato in Concorso alla 77a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia
Soggetto
“Nei luoghi in cui ho filmato giunge l’eco della guerra, se ne sente la presenza opprimente (…) Ho cercato di raccontare la quotidianità di chi vive lungo il confine che separa la vita dall'inferno”. Così indica nelle note di regia Gianfranco Rosi presentando il suo documentario “Notturno”, girato negli ultimi tre anni nei territori del Medio Oriente, nello specifico quelli al confine tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano.
Valutazione Pastorale
Tratto distintivo della carriera di Gianfranco Rosi è il racconto nella forma del documentario del nostro presente, concentrandosi su periferie e frontiere esistenziali. Così ha fatto con “Sacro GRA” (Leone d’oro a Venezia nel 2013), mostrando la popolazione che vive ai margini di Roma lungo l’anello autostradale, come pure con “Fuocoammare” (Orso d’oro al Festival del Cinema di Berlino nel 2016), dando voce ai tanti disperati cercatori di futuro che si avventurano lungo le acque del Mediterraneo. Con “Notturno” mostra la realtà nei territori vessati dalla guerra, tra le forze dell’Isis e quelle di resistenza; lo sguardo però non è su di loro, ma su famiglie, pescatori, come pure pazienti di un ospedale psichiatrico, detenuti o madri in lutto per i figli strappati via dalla violenza. Ancora, bambini che ritornano a scuola in cerca di domani. Encomiabile è l’intenzione di Rosi per lo sguardo con cui si pone verso i drammatici contesti che mostra. Il suo obiettivo non è ripercorrere la Storia, ma allargare il fronte dei territori e delle comunità verso l’oggi, senza particolari identificazioni geografiche o politiche. In questa ottica il regista si serve nuovamente di uno stile quasi neorealista, il più volte citato pedinamento zavattiniano, per mettere a fuoco persone e situazioni. A ben vedere, Rosi è un viandante che si dirige sugli avamposti umani più disgraziati e dimenticati; mostra le ferite del presente, di chi vive ai margini. Il suo sguardo pertanto appare profondamente spirituale, dando parola e voce agli ultimi. Il suo è un cercare la verità, mettendola in racconto senza filtri e con poesia. “Notturno”, dunque, si inserisce nel cinema di impegno civile, come del resto i precedenti film di Rosi. Bellissimi i quadri visivi che compone, soprattutto i lamenti delle madri senza più figli, i dimenticati negli ospedali oppure le tracce di futuro negli occhi dei bambini, traumatizzati dalle violenze ma capaci di ricominciare. Punto debole dell’opera è forse una dilatazione descrittiva che sottrae pathos al racconto. Dal punto di vista pastorale il film “Notturno” è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti in ambito pastorale ed educativo.
Utilizzazione
Il film è da utilizzare in programmazione ordinaria e in successive occasioni di dibattito. "Notturno" è da consigliare anche in ambito scolastico-pastorale, in presenza di un educatore, per riflettere sugli orrori della guerra e le ricadute sui civili.