Scomode verità

Valutazione
Complesso, Problematico, Adatto per dibattiti
Tematica
Amore-Sentimenti, Dialogo, Dolore, Donna, Famiglia, Famiglia - fratelli sorelle, Famiglia - genitori figli, Lavoro, Matrimonio - coppia, Morte
Genere
Drammatico, Psicologico
Regia
Mike Leigh
Durata
97'
Anno di uscita
2025
Nazionalità
Regno Unito, Spagna
Titolo Originale
Hard Truths
Distribuzione
Lucky Red
Soggetto e Sceneggiatura
Mike Leigh
Fotografia
Dick Pope
Musiche
Gary Yershon
Montaggio
Tania Reddin
Produzione
Georgina Lowe. Casa di produzione: Film4, Thin Man Films, The Mediapro Studio, Creativity Media

Presentato al 49° Toronto Film Festival (2024)

Interpreti e ruoli

Marianne Jean-Baptiste (Pansy), Michele Austin (Chantelle ), David Webber . (Curtley ), Tuwaine Barrett (Moses)

Soggetto

Londra oggi, Pansy è una casalinga cinquantenne che trascorre le sue giornate tra il letto e il divano, dedicandosi alla pulizia maniacale della casa. Con lei vivono il marito Curtley, che ha un’impresa edile, e il figlio maggiorenne Moses, che ancora non ha trovato un indirizzo di vita. Pansy è esausta e urla tutto il suo dolore e nervosismo ai suoi cari, compresa la sorella Chantelle. Nel giorno della Festa della Mamma le due sorelle si ritrovano per andare al cimitero e da lì si apre un vaso di pandora torrenziale…

Valutazione Pastorale

Il regista britannico Mike Leigh in oltre cinquant’anni di carriera si è distinto per racconti di matrice sociale e intimista, scavando nell’animo umano, senza timore di trovarsi faccia a faccia con inquietudini e amarezze. Tra i suoi film più noti “Segreti e bugie” (1996, Palma d’oro al Festival di Cannes), “Il segreto di Vera Drake” (2004, Leone d’oro alla Mostra di Venezia), “Another Year” (2010) e “Turner” (2014, sul pittore William Turner). Nei cinema da fine maggio 2025 con Lucky Red “Scomode verità” (“Hard Truths”), presentato al 49° Toronto Film Festival (2024), che ricompone il sodalizio artistico tra il regista e l’attrice Marianne Jean-Baptiste dopo “Segreti e bugie”. Un’opera sul senso di frustrazione e impotenza verso una vita spiaggiata su un binario morto, tra genitorialità, matrimonio e legami familiari.
La storia. Londra oggi, Pansy è una casalinga cinquantenne che trascorre le sue giornate tra il letto e il divano, dedicandosi alla pulizia maniacale della casa. Con lei vivono il marito Curtley, che ha un’impresa edile, e il figlio maggiorenne Moses, che ancora non ha trovato un indirizzo di vita. Pansy è esausta e urla tutto il suo dolore e nervosismo ai suoi cari, compresa la sorella Chantelle. Nel giorno della Festa della Mamma le due sorelle si ritrovano per andare al cimitero e da lì si apre un vaso di pandora torrenziale…
Mike Leigh ci consegna un altro ritratto femminile di grande intensità. La sua protagonista Pansy, che Marianne Jean-Baptiste interpreta magistralmente, è una donna accesa dal dolore e dallo sconforto, che spesso deborda in risentimento. Pansy è infelice, e non riesce più a contenerlo. Rompe gli argini emotivi e scarica tutto su chi le è accanto. Investe il marito Curtley di lamentele per i suoi silenzi ingombranti, per non aver amato e formato il figlio a una vita adulta capace e responsabile; attacca il figlio Moses perché troppo indolente e scansafatiche, avviato a un’esistenza rovinata e infelice (come la sua). Ancora, Pansy ha parole dure e lacrime pesanti anche nei confronti della sorella Chantelle, che è del tutto diversa, ilare e dal sorriso leggiadro. Pansy e Chantelle non si sono aiutate nel corso della vita, soprattutto durante la malattia della madre. Tutto il peso è finito sulle spalle di Pansy che si è dovuta rimboccare le maniche, scivolando così in una spirale di scelte e sacrifici sbagliati. Il colloquio con la sorella, tra cimitero e casa, si fa rivelatore: Pansy legge chiaramente, lo dice a gran voce, i suoi errori, la situazione esistenziale in cui è piombata e da cui non riesce più a sottrarsi. Si sente in gabbia, e lo spettatore respira con lei un senso di claustrofobia estenuante. In questo Mike Leigh raggiunge il suo obiettivo, facendoci sperimentare la condizione di chi vive nella sofferenza, nell’incomprensione.
“Scomode verità” è un film denso e acuto, percorso però da vibranti tensioni negative che oltre a inquinare l’animo della protagonista si attaccano all’epidermide dello spettatore. Un’opera attenta, ma anche sfidante e stancante, che descrive il mal di vivere senza però offrire appigli o soluzioni. Complesso, problematico, per dibattiti.

Utilizzazione

Programmazione ordinaria e successive occasioni di dibattito. Il film richiede un pubblico adulto e di adolescenti accompagnati.

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