
Interpreti e ruoli
Tilda Swinton (Madre), Michael Shannon (Padre), George MacKay (Figlio), Moses Ingram (Ragazza), Bronagh Gallagher (Amica), Lennie James (Dottore), Tim McInnerny (Maggiordomo)
Soggetto
In un presente-domani post-apocalittico, nel cuore di una montagna si trova un bunker abitato da una famiglia facoltosa composta da due genitori cinquantenni, un figlio venticinquenne e tre collaboratori-amici. Le giornate si susseguono con una routine puntuale tra attività artistiche, sportive, cene eleganti e simulazioni di evacuazione. Il mondo fuori è ormai polverizzato da guerre e cambiamenti climatici, dove l’umanità è pressoché scomparsa. Un giorno la piccola comunità è sconvolta dalla visita di una giovane donna, che bussa alla porta del bunker come superstite in cerca di accoglienza. Sospettosa e spaventata, la famiglia accetta di farla entrare. Sarà l’inizio di un serrato confronto tra realtà e illusione, tra felicità e menzogne…
Valutazione Pastorale
Il documentarista statunitense Joshua Oppenheimer – suo “The Look of Silence” (2014) – si misura con il lungometraggio di finzione attraverso l’originale e suggestivo “The End”, un dramma post-apocalittico puntellato di eleganza feroce che volteggia con atmosfere musical con rimandi alla Hollywood classica. Nella sua realizzazione si è affidato ad attori di peso come la Premio Oscar Tilda Swinton, Michael Shannon insieme ai giovani in ascesa George MacKay (“1917”) e Moses Ingram (“La regina di scacchi”). Firma il copione lo stesso Oppenheimer con Rasmus Heisterberg (“A Royal Affair”). Il film è una coproduzione europea targata Danimarca, Svezia, Germania, Irlanda, Regno Unito e Italia, distribuito nei cinema da I Wonder Pictures.
La storia. In un presente-domani post-apocalittico, nel cuore di una montagna si trova un bunker abitato da una famiglia facoltosa composta da due genitori cinquantenni, un figlio venticinquenne e tre collaboratori-amici. Le giornate si susseguono con una routine puntuale tra attività artistiche, sportive, cene eleganti e simulazioni di evacuazione. Il mondo fuori è ormai polverizzato da guerre e cambiamenti climatici, dove l’umanità è pressoché scomparsa. Un giorno la piccola comunità è sconvolta dalla visita di una giovane donna, che bussa alla porta del bunker come superstite in cerca di accoglienza. Sospettosa e spaventata, la famiglia accetta di farla entrare. Sarà l’inizio di un serrato confronto tra realtà e illusione, tra felicità e menzogne…
“Vediamo l’abisso davanti a noi – indica Oppenheimer – sappiamo che ci stiamo correndo incontro, eppure non cambiamo rotta. Ci diciamo che il cataclisma non arriverà mai (…) ‘The End’ esplora la logica conclusione di questo autoinganno: una famiglia rintanata in un bunker anni dopo che tutti gli altri sono morti, godendo di ogni comfort, un ultimo barlume di coscienza umana circondata dagli artefatti di una specie scomparsa, ripetendosi disperatamente di essere felici e di star bene, e che quindi sia tutto a posto”. “The End” è di certo un film acuto e attuale, dotato di grande fascino a livello tematico e dalla raffinata cura estetica, che esalta bene la storia di una famiglia facoltosa che si è ricavata una nicchia dove rintanarsi quando soffia la fine del mondo. Un non-luogo fornito di ogni comfort come un hotel a cinque stelle, dove ruota ripetitiva e illusoria la loro esistenza. È una storia declinata in chiave musical dove in scena troviamo menzogne e follie di un’umanità incapace di affrontare il dramma, il barato. Il mondo fuori è imploso in un collasso climatico-bellico, e lì dentro c’è la presunzione di voler ignorare tutto ciò. Fino a quando non arriva a svegliare le loro coscienze (ma ci riuscirà davvero?) una giovane superstite. Una migrante post-apocalittica. Alla fine, viene accolta, ma per poter vivere lì è costretta ad abbracciare la finzione di quel mondo, a indossare una maschera di felicità artefatta. Anche lei deve partecipare al musical…
Oppenheimer dimostra consapevolezza e maturità artistica, componendo un’opera onirico-delirante su binario musical, dove la ferocia è stemperata dal bello e dall’eleganza. Un film denuncia sofisticato e raffinato, che conquista a livello concettuale, per messa in scena e per l’ottima performance degli attori. Purtroppo, l’eccessiva lunghezza e le non poche dispersioni narrative rendono l’esperienza spettatoriale faticosa, stancante. Consigliabile, problematico, per dibattiti.
Utilizzazione
Per la programmazione ordinaria. In presenza di minori è bene prevedere l'accompagnamento di adulti ed educatori.