Thierry Frémaux, direttore artistico, l’aveva precisato alla presentazione del cartellone: “Non potevano mancare i maestri ma abbiamo dato prova di audacia scommettendo anche sui talenti emergenti”. Diciotto fillm dunque si sono presentati al via nella sezione principale del Concorso. C’erano Jean Luc Godard (il primo, come si conviene all’età e alla carriera), Ken Loach, i fratelli Dardenne, David Cronenberg, Mike Leigh, Atom Egoyan: ciascuno portatore di una bella fetta di cinema, anzi di storia del cinema. Nessuno statunitense (Cronenberg è canadese), per trovarli bisogna arrivare a Bennett Miller e a Tommy Lee Jones, attore-regista. I francesi certo si sono trattati bene: nel programma c’erano anche Olivier Assayas (la ‘generezione di mezzo’), Bertrand Bonello, Michel Hazanavicius (alla prova dopo l’Oscar a “The Artist”), Abderrahame Sissako, oltre al più giovane, il franco-canadese Xavier Dolan. Il cinema italiano si è ritagliato un piccolo spazio con un titolo che era un rischio e una provocazione: la scommessa sulla quale ha puntato la selezione, ossia il film “Le meraviglie” di Alice Rohrwachwer, è stata vinta. Ottimi elogi da parte della critica e alla fine il Gran Premio della Giuria assegnato dalla Presidente Jane Campion e dagli altri giurati. La riflessione che aleggia (difficile da ignorare) è ancora una volta quella tra la “ricercatezza/bellezza/originalità” di molti titoli e la loro (non)apprezzabilità commerciale. Molti film premiati ai festival hanno poi scarso pubblico nelle sale. Così dicono i maligni, quelli che (magari non a torto) guardano al botteghino come unico parametro di successo. La riprova è dietro l’angolo: la avremo quando sarà distribuito il film vincitore della Palma d’oro, “Winter Sleep” diretto dal turco Nuri Bilge Ceylan: tre ore e un quarto per un copione di aspra liricità esistenziale.
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